Da anni questo blog vi parla di Buyer Persona come bussola per ogni attività di marketing B2B. Ma oggi, soprattutto nel mondo del software e della tecnologia, quella bussola da sola non basta più. A fare la differenza è il Buyer Moment: il momento specifico in cui un potenziale cliente si trova davanti a una necessità concreta, spesso inattesa, che lo porta ad attivare una ricerca.

Indice:

Introduzione

Pensiamo a una PMI che decide di cambiare il proprio ERP. Non lo fa perché ha letto un white paper oggi. Lo fa perché qualcosa nel suo business è cambiato: una fusione aziendale, un picco di inefficienze nei flussi, un nuovo CFO più orientato ai dati. In quei momenti, il bisogno emerge con forza, e chi è in grado di intercettarlo — prima dei competitor — conquista un vantaggio enorme.

Lo stesso vale per l’adozione dell’AI, tema sempre più caldo: il bisogno non nasce per emulazione, ma quando l’azienda si scontra con limiti operativi chiari. Esempio: il team sales ha bisogno di forecast più precisi, oppure il customer service di un e-commerce fatica a rispondere in tempo utile. Non serve più colpire un target “simile” a chi compra: serve colpire chi sta iniziando a cercare.

Non ultimo il contesto legislativo: nuove norme o regolamenti possono obbligare le aziende a introdurre una nuova tecnologia (pensiamo alla fatturazione elettronica, al whistleblowing o all’accessibilità dei siti web, per fare qualche semplice esempio) e scatenare una domanda intensa e repentina. O per fare un esempio di questi giorni, chi sarà soggetto a oscillazioni dei dazi potrebbe voler adottare un software di forecast finanziario, o addirittura di gestione della supply chain, del tutto nuovo – e in fretta!


Come riconoscere i momenti chiave, nel rispetto completo del GDPR

Nel contesto europeo, identificare i segnali di intent significa lavorare in modo etico e trasparente su informazioni legali. Al posto di piattaforme che profilano senza consenso attivo, oggi possiamo ottenere informazioni preziose tramite strumenti GDPR compliant e basati sull’engagement volontario, oppure usando processi e attori verificati come quelli adottati dal team di Valuelead per i propri clienti.

Un esempio classico è l’uso di form interattivi intelligenti, integrati in contenuti di valore: chi scarica una guida sull’efficienza ERP o partecipa a un webinar sull’AI per il CRM sta esprimendo un interesse reale e documentabile. In questo caso si tratta di dati dichiarativi, che offrono insight preziosi nel pieno rispetto della privacy. Utilizzando in parallelo una piattaforma di tracking dell’IP che produce nomi di aziende, strumento ancora sottoutilizzato dalle aziende italiane, si chiude il cerchio raccogliendo anche intenzioni per così dire passive (l’utente non deve fare alcuna azione specifica, ma è protetto dal GDPR).

Anche la newsletter può diventare un prezioso strumento di rilevazione, soprattutto se collegata a contenuti ben targettizzati. Chi clicca su un approfondimento tecnico specifico sta lasciando una traccia chiara della sua fase decisionale. Se il consenso è stato raccolto correttamente al momento dell’iscrizione, questi dati possono essere utilizzati per attivare contenuti personalizzati, anche senza cookie o profilazione invasiva.

Contenuti e campagne che parlano al momento giusto

In uno scenario in cui i segnali vanno raccolti in modo trasparente, la qualità del contenuto torna al centro. Una guida che aiuta a valutare se il proprio ERP è un freno alla crescita, un case study concreto su come un’azienda ha automatizzato il proprio flusso commerciale con l’AI, o ancora una newsletter che propone strumenti pratici per calcolare l’ROI di una tecnologia: tutti questi elementi diventano strumenti per capire chi è davvero pronto. L’advertising specializzato – pensiamo a una campagna Linkedin diretta a chi da poco ha coperto una nuova posizione in quel settore specifico – se ben gestita e ottimizzata rafforzerà il messaggio e stimolerà chi ha un bisogno urgente di conoscere la vostra azienda.

Anche le campagne ADV possono essere GDPR friendly ed efficaci. LinkedIn, per esempio, consente targeting basato su job title, settore e contenuti precedentemente visualizzati sulla piattaforma, il tutto con consenso implicito e gestito a livello della piattaforma stessa. In alternativa, le campagne possono essere attivate su segmenti costruiti a partire da interazioni documentate su sito e newsletter, senza necessità di profilazione avanzata.

Insomma, anche se in Europa, a differenza per esempio degli Stat Uniti, la raccolta di segnali di “intenzione di acquisto” è più complessa e articolata, ciò non significa che sia impossibile, al contrario, può essere un’attività che vi distingue e fornisce un vantaggio competitivo sui concorrenti. Un buon team di supporto che incroci contenuti, advertising e sistemi software come il nostro tracker, unita alla conoscenza del settore e della sua stagionalità che ogni azienda ha, formano un potente strumento di attivazione. Perché non provare?

Conclusioni

Nel marketing B2B moderno, la vera rivoluzione non è nel cambiare target, ma nel cambiare tempo. Non basta sapere chi è il tuo cliente: devi capire quando lo diventa. E in Europa, farlo nel rispetto delle regole significa tornare a valorizzare i segnali espliciti, la qualità dei contenuti e la trasparenza delle relazioni. In questo nuovo equilibrio tra strategia e rispetto, chi riesce a parlare nel momento giusto conquista la fiducia — e spesso anche la firma sul contratto.


Se siete un’azienda B2B alla ricerca di un partner che vi aiuti a concentrarvi su strategie di marketing digitale efficaci, vi invitiamo a contattare il team di Valuelead per saperne di più.

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