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Category: Marketing

Come si fa la Buyer Persona

Come si fa la Buyer Persona

Per promuovere un business, l’uso sapiente di una campagna marketing fa la differenza. In particolare è fondamentale che il messaggio della campagna venga ricevuto dalla Persona giusta, ovvero quella che, nel suo ruolo professionale, può capire a fondo come il tuo servizio/prodotto può risolvere un problema della sua azienda, e considerarne seriamente l’adozione. In questo articolo spiegheremo come si crea una Buyer Persona, e i vantaggi che una buona definizione di essa porta. Cos’è una Buyer Persona? Una prima definizione è data dal sito di HubSpot, software CRM tra i più utilizzati: “Una Buyer Persona è la rappresentazione semi-immaginaria del vostro cliente ideale, basata sulle ricerche di mercato e sui dati reali che avete sui clienti esistenti. Quando si crea una Buyer Persona si devono prendere in considerazione la demografia dei clienti, i modelli di comportamento, le motivazioni che hanno e i loro obiettivi di business. Più dettagliata è questa descrizione, meglio è. Le Buyer Personas forniscono un grande aiuto per la comprensione della vostra azienda. La Buyer Persona vi aiuterà a focalizzarvi per non perdere tempo con offerte e contenuti che non sono per lui interessanti”. Ora che abbiamo visto cosa rappresenta la Buyer Persona, andiamo a vedere le principali differenze tra una Buyer Persona di un business nel mercato B2B e uno nel B2C. Nel B2C la Journey è più rapida perchè l’evocazione di emozioni e l’uso di messaggi semplici e chiari porta la il potenziale cliente a compiere decisioni più rapide e d’impulso. Nondimeno, i prospect nel B2C sono spesso impegnati in decisioni d’acquisto non troppo onerose. Al contrario, la Journey nel B2B è generalmente più lunga per diversi motivi. In primis, la Buyer Persona viene individuata tra le figure responsabili di un’azienda, perciò difficilmente farà un acquisto immediato poichè deve tener conto di molti fattori, come il tempo, il budget, le risorse risparmiate, e l’allineamento con la strategia aziendale. Tutto questo passa per un’accurata ricerca e valutazione delle opzioni sul mercato, quindi la strategia di vendita in questo caso deve essere considerata su un lungo periodo di tempo, nel corso del quale il prospect va informato e influenzato ad avere fiducia del brand attraverso risposte trasparenti e puntuali, insieme a contenuti di qualità. Oltretutto va data importanza alla comunicazione, quindi nel caso B2B vanno utilizzati termini tecnici correttamente, bisogna essere pragmatici, stimolare all’approfondimento di un tema, e mettere a disposizione il know-how aziendale per risolvere problemi del potenziale cliente. Ma come si determina una Buyer Persona? Novità: Linkedin Business Accelerator │Più lead e spesa ottimizzata │Parla con gli esperti di Valuelead Il processo di definizione di una Buyer Persona dipende dal budget, dal progetto e dai dati che si possono raccogliere. In generale però, questo processo può essere racchiuso in 3 fasi. La prima è la raccolta di dati e la loro analisi. Ci sono vari modi per farlo: dalla ricerca di tendenze nel proprio database di contatti, all’intervista vera e propria di clienti e potenziali clienti, fino allo studio e analisi di report online.La seconda fase, che richiede creatività e oggettività, riguarda la descrizione dei Personaggi, ossia la costruzione di un fitto quadro teorico delle caratteristiche che la Buyer Persona possiede, dalla demografia agli interessi, dall’uso del prodotto ai punti di forza e debolezza, e molti altri.Una volta che la Buyer Persona è stata interamente descritta, si va alla terza e ultima fase. Ora si può iniziare a sviluppare contenuti ad hoc e creare pubblicità targetizzata. Inoltre è importante in questa fase tenere conto dei punti di debolezza della Buyer Persona, poichè nella comunicazione serve sottolineare perchè e in che modo il servizio/prodotto offerto sarà la soluzione ai suoi problemi e frustrazioni. Infine, è importante ricordare che una sola Buyer Persona è meglio che due. Avere multiple Buyer Persona, oltre ad essere più dispendioso nella fase di creazione e definizione, non è costruttivo per le attività di marketing da mettere in atto. Il motivo risiede nel fatto che lo sforzo non è concentrato su un solo obiettivo, perciò è richiesto un maggiore consumo di energia e soldi, e una minor certezza di ottenere risultati significativi. Ricapitolando, il ritratto della Buyer Persona deve essere il miglior alleato di un marketer. I risultati che si ottengono da un corretto utilizzo della Buyer Persona, saranno una migliore esperienza e un maggior engagement con la tua attività per il cliente. La definizione di una Buyer Persona richiede tempo e pazienza, ma è il fondamento su cui si basa l’intera strategia marketing, e quindi il successo di un’azienda. Scopri come fare la tua Buyer Persona Condividi l’articolo

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Il marketing B2B ha ancora bisogno di email marketing efficace

Il marketing B2B ha ancora bisogno di email marketing efficace

Uno degli strumenti più efficienti per farsi spazio nel mercato B2B, dati alla mano, è il sempreverde email marketing. Ancora oggi le email sono il canale prediletto da 9 professionisti su 10 (Content Marketing Institute, 2020), grazie anche a livelli medi di CTR (Click-through rate, una misura per l’efficacia delle campagne pubblicitarie on-line) davvero impressionanti. Per comunicazioni efficaci però, è importante sapere come scrivere email per il marketing nel B2B. Per farlo, ci sono importanti fattori da considerare: di seguito ne elenchiamo alcuni per rendere fruttuosa la vostra attività. Target audience. Per prima cosa, bisogna pensare alla target audience. Conoscere il proprio pubblico è il primo passo per avere successo e instaurare con loro un buon rapporto è il secondo passo. Conoscere il proprio pubblico significa sapere chi è, i problemi che deve risolvere e i valori che segue. Ciò è fondamentale per capire quali argomenti trattare e come. Rifarsi alla buyer persona e alle informazioni legate a essa è un ottimo modo per creare mail mirate. Titolo. Poi, va ricordato che il titolo di una newsletter può essere il motivo del successo o del fallimento di una comunicazione. Questo è fondamentale per far sì che l’email venga notata e aperta in mezzo alle molte che arrivano nella casella email dei propri lead. È quindi importante che l’oggetto sia vicino alle esigenze degli utenti, proponendo soluzioni ai loro bisogni. E’ successo per esempio che un primo esperimento di uso massiccio di keyword nell’oggetto facesse molta differenza in termini di performance, con un open rate aumentato di quasi il 20% e conversioni più alte rispetto ad altre email con un oggetto più ragionato. Corpo mail. Superata questa prima barriera, i destinatari dell’email devono trovare un testo facile da leggere, con frasi corte e pertinenti. Ideale è quindi un testo semplice e diretto, che crea curiosità, che faccia riferimento al target e che includa le keyword più importanti. Meglio se accompagnato da uno stile grafico accattivante, con colori ragionati ed elementi veloci da caricare e da interpretare. Tempo. Tra gli elementi che fanno la differenza, non vanno dimenticati la frequenza e il tempo. La frequenza fa riferimento all’intervallo che si lascia passare tra una comunicazione e un’altra: può essere una settimana, di meno, o di più. Invece per tempo ci si riferisce all’identificazione del momento migliore per inviare la propria newsletter: quale giorno della settimana? a che ora? Questi sono due fattori che incidono fortemente sulle performance e trovare il momento migliore diventa una delle chiavi del successo. Un esempio è lasciare che passi qualche giorno tra una mail e l’altra, lasciando tempo di pensare al destinatario. Ma per evitare l’effetto contrario, ossia che il destinatario si dimentichi e consideri le nostre mail come spam, meglio non aspettare troppo, assicurandosi quindi che la sequenza delle mail avvenga preferibilmente entro un arco di 7 giorni. Saper scrivere email nel marketing B2B è importante. Ci sono molti aspetti da tenere in considerazione, tra cui la conoscenza del pubblico, l’oggetto azzeccato, il testo della mail, i tempi di invio. Per ottenere i risultati sperati, se è la prima volta che si fa email marketing, ci vorrà del tempo e della pratica. Ma è uno sforzo che vale la pena fare e che ripaga, perché l’email marketing è un classico che funziona e ormai moltissime realtà hanno costruito e oggi costruiscono il loro successo nel mercato B2B con l’aiuto della cara vecchia posta elettronica. Condividi l’articolo

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5 STRUMENTI PER IL DIGITAL MARKETING B2B 2022

5 STRUMENTI PER IL DIGITAL MARKETING B2B 2022

Per chi si occupa di digital marketing, affidarsi solo alle proprie forze non basta. Anche i migliori si avvalgono di strumenti online, che aiutano il professionista nel suo lavoro e semplificano i processi. Durante la scorsa pandemia sono nate molte applicazioni, alcune di queste parecchio utili per chi si è trovato a lavorare in smart working, lontano dall’ufficio e dal team di lavoro. In questo articolo abbiamo elencato 5 software online gratuiti di genere ”Tech”, che possono aiutarti nel digital marketing B2B e che consigliamo per la loro validità. BuiltWith BuiltWith è uno strumento gratuito, senza obbligo di registrazione, che raccoglie importanti informazioni da qualsiasi dominio inserito. Basta navigare sulla homepage di BuiltWith, inserire il dominio del sito che si vuole indagare, e il tool in pochi secondi lo analizza indicando quali servizi e software sono stati utilizzati per costruire quel sito web. Diventa uno strumento efficace quando noti funzionalità interessanti su un sito e ti interessa sapere quale tool o servizio sia stato utilizzato.  Pexels Pexels è uno strumento molto utile per chi deve aggiungere immagini a campagne ADV, ad articoli o a siti web. Pexels è un sito che mette a disposizione un database con migliaia di foto e video stock di tutti i tipi, che possono essere scaricate e utilizzate gratuitamente senza correre il rischio di violare il diritto d’autore. Rispetto ad altri fornitori di immagini e video stock, Pexels permette di scaricare senza essere registrati al sito, oltre a contenere un numero di immagini più elevato. Così per la prossima campagna ADV sai già dove trovare le migliori immagini stock con la più vasta scelta. Uptime robot Per qualsiasi attività commerciale è importante avere un sito web esaustivo di informazioni e ordinato esteticamente, e soprattutto che sia sempre funzionante e non abbia bug. Purtroppo però, per vari motivi a volte difficili da prevedere, succede che il sito vada in down. Uptime Robot è un tool che monitora costantemente il tuo sito web segnalando eventuali disservizi in corso, permettendo così di comprendere i motivi del blocco e di intervenire in brevissimo tempo per rimediare ad ogni malfunzionamento. Il proprio sito web è come un biglietto da visita, è Uptime Robot ti aiuterà a mantenerlo sempre nello stato migliore. Google Lighthouse Un altro utilissimo strumento per la gestione del sito web, dell’ecommerce o del blog è Google Lighthouse. E’ un tool gratuito che permette di monitorare e ottimizzare le performance online, dal punto di vista del SEO, della velocità di caricamento e dell’user experience. Grazie a un’analisi molto approfondita che valuta numerosi parametri, il tool indaga una serie di aspetti che possono essere la base di un lavoro di ottimizzazione online. PDF24 Tools PDF24 Tools è un sito web contenente quasi 30 tool utili a chi deve lavorare su PDF. Tra le varie operazioni che è possibile compiere, il sito permette di comprimere, modificare, estrarre, convertire, firmare qualsiasi file in formato PDF. L’essere completamente open-source rende questo un tool molto interessante, in opposizione ad altri che invece richiedono una sottoscrizione anche solo per 1 dei 28 tool gratuiti presenti  su PDF24. Condividi l’articolo

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Le 5 best practice da conoscere per eccellere nel digital marketing e nelle vendite

Le 5 best practice da conoscere per eccellere nel digital marketing e nelle vendite

L’esperienza insegna sempre quali sono le buone e le cattive pratiche da seguire per non incappare in errori.  Ad esempio, è attuale il dibattito sull’utilizzo dei cosiddetti anglicismi, ossia l’uso di parole inglesi nella lingua italiana. Questo, soprattutto quando si parla di business, rappresenta una cattiva pratica perché non si può prevedere come la persona davanti a noi giudichi e interpreti l’uso degli anglicismi. Come in tutto, anche nel marketing ci sono dei principi da non dimenticare. Sai quali sono? Leggi l’articolo e scopri 5 buone pratiche che nel digital marketing B2B è bene tenere a mente. Anche i lead hanno una scadenza. La lead generation è quell’attività del marketing che porta all’acquisizione di nuovi clienti. È importante quindi che questa attività venga compiuta in continuazione per originare nuove opportunità di vendita. Appena generato il lead, la cosa più importante è contattarlo immediatamente, solitamente con una mail, per conoscerne il livello di coinvolgimento. C’è poi una seconda fase, in cui il potenziale cliente ha mostrato interesse ma vuole prendersi del tempo per decidere. Anche in questo caso la relazione va mantenuta calda con delle attività di comunicazione chiamate “lead nurturing”, senza le quali il lead rimane un “contatto freddo”, ossia non interessato all’acquisto del servizio o del prodotto, anche per molto tempo. Diventa cardinale quindi intervenire subito sul lead generato, perchè come tutto d’altronde, anche i lead hanno una scadenza oltre la quale si perde l’opportunità. E successivamente, diventa indispensabile mantenere la conversazione calda evitando che si raffreddi e che il potenziale cliente si allontani dall’adottare la nostra offerta. Il GDPR è fatto per favorire la comunicazione, non è un tuo nemico. L’introduzione nel 2018 del GDPR, regolamento sul trattamento e la conservazione dei dati è stata una grossa novità per la privacy degli utenti su internet. Visto come un ostacolo da parte delle aziende, in realtà il GDPR non influisce così negativamente come si pensa, e anzi in realtà aiuta a mettere ordine e a sviluppare una efficace e trasparente comunicazione verso un’audience interessata al servizio, evitando alle imprese l’utilizzo di risorse e tempo per utenti mai stati realmente interessati all’offerta. Quindi, poter comunicare con i giusti prospect in un modo specifico favorisce le aziende e tutela gli utenti su internet. Detto ciò, come si manda un’email in regola con il GDPR? Basta seguire 2 regole. La prima è non inviare mai contenuti per i quali non si ha il consenso. Il consenso alla newsletter, non autorizza all’invio di comunicazioni commerciali, codici sconto e promo. La seconda è di inserire sempre nel corpo della email, visibile e facilmente cliccabile il link di disiscrizione. Il B2B richiede un linguaggio B2B. La comunicazione non è importante solo nel B2C. Quando si va a toccare la comunicazione aziendale bisogna tenere sempre a mente che anche nel B2B un cliente è prima di tutto una persona e, di conseguenza, individua i valori del brand e recepisce i messaggi che lo portano poi a scegliere il servizio o prodotto di un’azienda piuttosto che di un’altra. Lo sviluppo di nuove tecnologie e strumenti ha modellato la comunicazione B2B e a oggi gli strumenti più utilizzati ed efficaci sono il CRM, il direct email marketing, e la marketing automation, tra i più importanti. Per un’ottimale comunicazione poi bisogna tenere a mente a chi è rivolto il messaggio, quindi attenzione a sviluppare la comunicazione tenendo in considerazione che a leggerlo e ad esserne impressionato dovrà essere la buyer persona. I meeting online sono tanto importanti quanto quelli di persona. I 2 anni di lockdown appena passati hanno mostrato l’efficacia dei meeting online in assenza della possibilità di confrontarsi dal vivo. Per molte aziende questa pratica è diventata comune, ma non va dimenticato che il meeting online è molto rilevante e richiede un impegno al pari dei meeting dal vivo. Seppur si lavori da remoto e ci si sia abituati all’informalità, i meeting online non hanno meno valore e non vanno organizzati con leggerezza. Ecco che quindi mandare gli inviti alle call per tempo e avvisare per ogni evenienza, presentarsi puntuali e preparati sull’argomento, aiuterà tutti a rispettare il valore del tempo delle persone ed eviterà di occupare l’agenda inutilmente. Mandare mail di follow up per una perfetta gestione del meeting Restando nell’ambito dei meeting online, una buona gestione di una riunione significa anche ricordarsi di fare follow up di quello che si è discusso. Mandare una mail di follow up dopo un meeting è un investimento che vale la pena fare perché massimizza l’effetto della discussione, costruisce una relazione rilevante con le persone, chiarisce definitivamente i ruoli, la direzione e le successive azioni in un particolare progetto. È inoltre l’occasione per ringraziare tutti dell’impegno e della disponibilità. Perciò non va mai dimenticata l’email di follow up, perché un’ottima gestione del meeting avviene prima, durante e dopo di esso. Condividi l’articolo

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Gartner ne parla, Valuelead lo fa

Gartner ne parla, Valuelead lo fa

Nel Marzo 2021 Gartner ha pubblicato il report sul futuro delle vendite nel mercato B2B, da cui emerge un chiaro trend di cambiamento che impatterà direttamente le PMI. Il modo di fare Marketing e Sales si sta evolvendo e ValueLead lo sa bene, e già dal 2018 porta avanti un innovativo modello a supporto del business delle PMI. Il mercato B2B, soprattutto in seguito alla pandemia, ha assistito ad una drastica trasformazione, principalmente dovuta alle rinnovate esigenze e abitudini del buyer. Ora le nuove dinamiche di business prediligono modelli di vendita digitali, abbandonando le tecniche più tradizionali. Secondo Gartner infatti, “Il 50% dei responsabili delle vendite sposterà la propria attenzione dall’essere leader dei venditori all’essere leader delle vendite”, con la conseguenza che le PMI abbandoneranno l’impiego di rappresentanti di vendita, a favore di modelli commerciali più efficienti. Già dal 2019 il numero di processi di acquisto che avvengono per canali digitali sono pari a quelli avvenuti attraverso rappresentanti di vendita, come mostrato nel seguente grafico. La ricerca Gartner mostra che è fondamentale aumentare la fiducia dell’acquirente nella suadecisione di acquisto. Altrimenti, l’incertezza pervade la decisione – rendendo meno probabile che il cliente completi l’operazione. Come mostrato nel grafico sotto, gli acquirenti B2B con un’incertezza da moderata a elevata hanno il 30% in meno di probabilità di completare un acquisto e il 42% meno probabilità di chiudere un contratto di alto valore. ValueLead dà primaria importanza ai valori del brand grazie ad una profonda conoscenza del servizio o del prodotto offerto. ValueLead veste i panni delle aziende, lavorando come fossero il loro vero ufficio di Marketing e Sales interno, riducendo quindi al minimo l’incertezza nella fase d’acquisto. Nel report Gartner evidenzia il costante mutamento delle preferenze dei clienti da interazioni di persona all’uso di canali digitali. ValueLead in questi anni ha maturato un’importante capacità di comunicazione online efficace con lead e prospect, in linea con la statistica che vede il 44% dei millennial preferire non avere alcuna interazione con rappresentanti di vendita in un ambiente B2B. E questo viene applicato anche in ciascuna fase del funnel, utilizzando il giusto canale di contatto per ogni momento della vendita. Inoltre viene sottolineato come la maggior parte degli acquisti B2B coinvolga molteplici decisori, e segua un percorso complesso e non lineare, rendendo difficile per i clienti prendere decisioni di acquisto. Valuelead in maniera quasi maniacale entra in contatto con il profilo più allineato alla buyer persona, massimizzando le probabilità di acquisto da parte dei potenziali clienti. Come mostrato dal report di Gartner, il futuro delle vendite B2B cambierà, ma Valuelead precorrendo i tempi già da anni accompagna i suoi clienti con modelli di vendita innovativi. Alle aziende non resta quindi che adattarsi e convertire il proprio modo di fare business per emergere in un mercato sempre più competitivo. Per leggere l’articolo “Future of Sales 2025” di Gartner e scaricare il report, andare al seguente link: https://www.gartner.com/smarterwithgartner/future-of-sales-2025-deliver-the-digital-options-b2b-buyers-demand Condividi l’articolo

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Rilevanza: la prima regola della comunicazione B2B

Rilevanza: la prima regola della comunicazione B2B

In una giornata riceviamo molte più informazioni di quelle che cento anni una persona riceveva fa nella sua intera vita. Per leggere tutti questi contenuti non basterebbe una vita intera. Legittima difesa Per forza di cose dobbiamo difenderci. Siamo divenuti tutti esperti selezionatori di informazioni. In una frazione di secondo decidiamo se vale la pena di aprire o di scorrere quel mail, quell’articolo, quel post su un social media. Su che basi avviene questa selezione? Verrebbe da dire “scelgo le più importanti”. Ma è una spiegazione imprecisa. Se così fosse, avremmo seguito tutti con attenzione le elezioni indiane (1 miliardo di elettori, la più grande democrazia del mondo) o l’evoluzione del riscaldamento globale. No, l’importanza… non è importante. E nemmeno la ‘freschezza’ dell’informazione. o l’autorevolezza della fonte. Quello che davvero ci fa decidere se leggere un contenuto è la sua rilevanza: quanto conta questo contenuto per me che lo leggo. “Leggo questo contenuto”, diciamo a noi stessi, “perché parla di me, perché è ‘fatto apposta per me’. La prima regola della comunicazioneEssere rilevante è quindi la prima regola della comunicazione, soprattutto in un contesto B2B. Il centro della comunicazione è il destinatario non l’emittente. Se leggete questo testo probabilmente è perché parla di voi. Se parlasse solo di noi, probabilmente non sareste arrivati a questa riga. Per essere rilevante a monte della comunicazione ci devono essere delle scelte drastiche. Non posso essere rilevante per tutti: devo farmi una immagine precisa del destinatario della mia comunicazione. Devo sapere con precisione ‘per chi’ sto scrivendo. La ‘buyer persona’Noi in Valuelead incoraggiamo i nostri clienti non solo a selezionare il loro interlocutore ma a dipingerlo con ricchezza di particolari. Non parliamo di target (maschio, 30-50 anni, scolarità alta, dirigente, abita in una grande città) ma di ‘buyer persona’. Sollecitiamo il cliente a tracciare un ritratto il più possibile definito del suo interlocutore (e quindi potenziale cliente) ideale: Che macchina guida, in che tipo di casa abita, che sport fa o vorrebbe fare…. Il paradosso della verosimiglianza Così facendo non rischiamo di ridurre l’efficacia del messaggio restringendo l’obiettivo? No. Un romanziere dedica pagine e pagine a tratteggiare il protagonista con mille particolari unici. Eppure nonostante questo, anzi proprio per questo, ci immedesimiamo in lui. Questo paradosso è stato analizzato da Daniel Kahneman, ‘padre’ della economia comportamentale e premio Nobel per l’Economia. Kahneman e Tverski in Pensieri lenti e veloci, riportavano un esperimento che riproponiamo con qualche modifica: Sulla base di questa descrizione “Linda, trentun anni, è single, molto intelligente e senza peli sulla lingua. Si è laureata in filosofia. Da studentessa si interessò molto ai problemi di discriminazione e della giustizia sociale, e partecipò anche a manifestazioni antinucleari”; dovendo indicare l’alternativa più probabile tra le seguenti: 1)Linda è militante di un movimento femminista, 2) Linda è insegnante, 3) Linda è insegnante e milita in un movimento femminista, la maggior parte dei soggetti sceglieva senza esitazioni la terza. Eppure il numero di donne insegnanti e militanti è una frazione del numero di donne insegnanti (forse inferiore all’ 1% vien da pensare). Ci ‘suona’ ‘più probabile’ semplicemente perché è verosimigliante. Una donna potrebbe identificarsi in questo personaggio anche se non insegna o anche se non è femminista o non si è laureata in filosofia. Non c’è rilevanza senza ‘buyer persona’ Nella pratica, avere una immagine precisa del destinatario della comunicazione, quella che noi in Valuelead chiamiamo ‘buyer persona’, aiuta immensamente la selezione dei temi e il loro trattamento ed estende invece di restringerlo, il numero di persone che si ‘ritrovano’ nella comunicazione. Ma non è solo questo. Osiamo dire che senza aver investito tempo nella definizione della buyer persona (i suoi attributi non devono essere scelti a caso: devono essere il più possibile… rilevanti ai fini di quello che vogliamo proporre o vendere) non è probabile che la nostra comunicazione sia ritenuta rilevante. Condividi l’articolo

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Word-of-mouth: due regole e un ‘miracolo’

Word-of-mouth: due regole e un ‘miracolo’

Inutile chiamarlo word-of-mouth. ‘Passa parola’ va benissimo. È uno dei migliori strumenti di marketing, anche se è il più antico e quello meno costoso. Ma siamo sicuri che funzioni sempre? Ieri sono stato fermato da una persona. La batteria della sua auto si era esaurita e mi ha chiesto se conoscevo un elettrauto vicino. Non ne me ne veniva in mente nessuno. Proseguendo, a nemmeno 200 metri, ho scorto l’insegna di un elettrauto al quale peraltro mi ero rivolto nemmeno un anno prima! Forse è successo anche a voi. Me ne ero dimenticato. Eppure ero stato contento del suo lavoro; non era stato nemmeno troppo caro! Per far scattare il passa parola non basta avere un cliente soddisfatto. Occorre imprimersi nella sua mente in modo da essere ricordati e quindi consigliati. Riflettendo sulla mia esperienza di cliente – e di fornitore – ho iniziato una lista di ‘principi del passa parola di successo’. Ovviamente è solo un inizio e spero che voi mi aiutiate a completarla. 1) Soddisfare il cliente non basta, bisogna stupirlo! Oggi, come clienti ci aspettiamo un servizio assolutamente privo di errori, rapido e completo. Quindi per essere ricordati incontrare pienamente le attese del cliente non basta. Bisogna dare qualcosa di più. E questo ‘di più’ non sempre è il buon prezzo: è qualcosa di inatteso e di personale. Pensiamo alle nostre esperienze di viaggio per esempio. Cosa ricordiamo di una vacanza o di un soggiorno in un albergo? Che il letto era comodo? Che il bagno era pulito? No. Ci ricordiamo quel tocco personale e imprevisto. Quel ‘qualcosa in più’! 2) Un flusso di comunicazione per rimanere nel radar del cliente. Perché non mi era venuto in mente l’elettrauto al momento di rispondere allo sfortunato automobilista? Semplicemente perché… nella vita difficilmente uno pensa agli elettrauto. E viceversa difficilmente gli elettrauto pensano ai loro ex clienti. Per restare nel radar del cliente invece bisogna essere sempre presenti nella sua mente, con un flusso costante di comunicazioni. Costante ma non pressante. Secondo me un getto continuo di ‘offerte speciali’ imperdibili, limitate ed esclusive innervosisce. Meglio un flusso di comunicazioni piacevoli da leggere, prive o quasi di connotazioni apertamente commerciali e coerenti con la tipologia del cliente. 3) Il miracolo del Prospect-2-prospect. Secondo me così facendo si apre la possibilità ‘miracolosa’ di sentirsi raccomandare da un non cliente! Come gli elettrauto, io vendo servizi che non sono di utilizzo continuo. Può essere che il mio prospect non abbia avuto ancora occasione di diventare mio cliente ma abbia comunque gradito il mio modo di rivolgersi a lui. Se sono stato capace di dar vita a una narrazione ho creato una relazione diciamo così ‘platonica’ con il prospect ed è perfettamente possibile che questo lo porti a consigliarmi a un altro potenziale cliente. Condividi l’articolo

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Marketing-as-a-service. Perché no?

Marketing-as-a-service. Perché no?

Se riesco, stasera passo in palestra. Ho l’abbonamento, una delle tante subscription che ritrovo ogni mese sull’estratto conto della carta di credito: Netflix, Spotify, l’antivirus del PC… Vado in palestra perché lì posso scegliere fra le attrezzature più recenti, trovo personale esperto, incontro altre persone e… posso disdire l’abbonamento quando voglio! Scusi, ha da accedere? E così anche io sono diventato parte della subscription economy, quell’Era dell’accesso di cui scriveva (già nel 2001) il futurologo Jeremy Rifkin. Perché mai comprare dei beni (pagando costi fissi, perdendosi i vantaggi dell’aggiornamento tecnologico, rinunciando alla consulenza) quando puoi affittarli e avere sempre il meglio? Anni fa, devo ammettere, mi ero fatto la mia palestra, in un angolo della tavernetta. Cosa è successo? Quello che era il leading edge della tecnologia in pochi mesi era diventato ferraglia. Mi annoiava solo vederli quegli attrezzi, figuriamoci usarli. E voi, dopo quanti mesi vi siete stufati? Io dopo tre. In ditta il software-as-a-service lo adottiamo ormai da anni, le auto sono in serviced leasing, così come le fotocopiatrici/stampanti. Molte nostre attività potrebbero assumere la modalità as-a-service. Oh no, sul marketing non si può! Modalità as-a-service anche per il marketing, o almeno una sua parte. Cosa? Il marketing? No, quello no. Per carità! Il marketing è un ufficio, una casella nell’organigramma, un team di valorosi collaboratori. Non lo si può nemmeno pensare! O forse sì. In fondo le HR sono da sempre esternalizzate a uno studio ‘paghe e contributi’. Il ciclo passivo e attivo è on line da quando le fatture sono smaterializzate. Non parliamo della logistica. Perché il marketing non potrebbe essere realizzato in modalità as-a-service? Forse è una mentalità ‘pre-digitale’ che ci fa vedere il marketing come qualcosa di intoccabile. Una volta le aziende piccole e grandi decidevano loro se e quando apparire. Lanciavano la ‘campagna’ e poi si re-immergevano come dei sottomarini. Quando sei sul mercato, non puoi più nasconderti Da tempo ormai una azienda non può più nascondersi. E non deve farlo. Come i partiti, anche le imprese sono ‘in campagna elettorale’ 365 giorni l’anno. L’azienda deve comunicare in modo regolare e continuo così come il cuore deve battere e i polmoni inspirare ed espirare. Non smetto di respirare perché sono concentrato sulla guida. Allo stesso modo non smetto di essere presente (ad esempio sui social) perché ho focalizzato le migliori risorse del mio marketing su una campagna o su un evento. Marketing digitale e marketing ‘attivo’. Le due cose devono viaggiare in parallelo, senza ostacolarsi, senza sovrapporre le loro scadenze e le loro priorità. Esperti per fare, misurare, migliorare Marketing-as-a-service non significa dare fuori (e tantomeno fare fuori) il marketing di una azienda. Significa avere un marketing digitale gestito da esperti (come il coach in palestra) che mette a disposizione le tecnologie e gli approcci più moderni, con i quali puoi concordare e misurare andamenti e obiettivi. Significa dare costanza, allineandolo al livello più alto, mantenendo il ritmo del respiro di una azienda, liberando così risorse da concentrare sulle campagne, sulle innovazioni, sul valore aggiunto senza distrarre risorse dalla tua voglia, dal tuo bisogno di cambiare. Condividi l’articolo

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Una firma dà forza al brand, ma…

Una firma dà forza al brand, ma…

‘IO’: due lettere vicine sulla tastiera. Il monosillabo che pronunciamo più spesso. Eppure molti hanno timore a usarlo nella comunicazione di marketing. Da quando esistono i social media non c’è nessun dubbio: al centro ci sono persone che comunicano con persone. Il brand entra in questa conversazione ma in punta di piedi e chiedendo permesso. Porte aperte all ‘io’ quindi anche se scrivendo in prima persona si rischia di scivolare. Chi ‘ci mette la faccia’ corre anche il rischio di farsi molto male (e di danneggiare il brand). Metterci la faccia (e una descrizione) Regola numero uno. Nessuna falsa modestia! Chi tratta un tema vuole essere riconosciuto come un punto di riferimento su quel tema. Ma su quali basi? Serve quindi una breve auto-descrizione. Non un CV, per carità! Bastano poche indicazioni magari scritte in modo simpatico. Spunti autobiografici? Sì se… E’ possibile inserire nella comunicazione qualche accenno personale purché sia rilevante (legato al tema che si vuole trattare) e coerente con la buyer persona, cioè con il profilo dell’interlocutore ideale. Gli spunti autobiografici servono ad avvicinare il lettore all’autore. Evitiamo quindi di citare trekking in Tibet o super titoli accademici. Rimanere ‘caldi’ e differenti Se la relazione è stata aperta su un piano ‘personale’, non può essere chiusa. Cosa penseremmo di una persona che un giorno ci saluta con affetto e i giorni dopo ci tratta con freddezza? Allo stesso modo, se si sceglie un tono personale, è necessario distinguersi dalle altre forme di comunicazione aziendali sotto il profilo grafico (diversa impaginazione, differente uso delle foto e delle font di caratteri) e dei contenuti. Evitiamo di riprendere frasi o immagini presenti anche nella comunicazione aziendale. Viviamo di storie Condividere storie è sempre meglio che proporre dati. Il nostro cervello assorbe e metabolizza le storie molto meglio rispetto a ogni altra fonte di informazione: le memorizza, reagisce ad esse facendole proprie condividendole ed è portato a modificare su questa base il proprio comportamento più di quanto non farebbe davanti a un ragionamento logico. Condividi l’articolo

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